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Storia di restanza 

Diciotto anni fa scompariva il prof Luongo   

I suoi tazebao hanno fatto un’ epoca 

Barbara Ciarcia

Giovanni Luongo girava sotto il peso dei tazebao artigianali, e quella profezia pedagogica e sociologica scagliata contro il male familiare e globale ha segnato un’ epoca. Quella pre social. L’anziano professore di Storia e Filosofia, originario di Torre le Nocelle ma residente ad Avellino, ha viaggiato in lungo e in largo per diffondere il suo credo laico. Ha dormito come un clochard nelle stazioni del Nord Italia e dell’Europa comunista, negli anni della cortina di ferro, coi cartelloni sempre al seguito, e quelle scritte lapidarie che lo hanno reso famoso ovunque, e così i palloncini colorati che donava ai bambini. Diciotto anni fa moriva in un letto d’ospedale a Prato in seguito a un intervento chirurgico al femore. Diciotto anni senza di lui, senza la sua voce baritonale e ferma senza i suoi insegnamenti sferzanti e incisivi che hanno accompagnato la formazione e la crescita di generazioni di irpini. La sua figura imponente e dinoccolata, la sua favella forbita, lo hanno reso comunque immortale eppure Avellino, la sua amata Avellino (viveva nel popoloso quartiere di san Tommaso) lo ha subito dimenticato e a oggi non gli ha intitolato nemmeno una via. Lui che pure si è sforzato di indicare la retta via a genitori distratti e affaccendati, a figli disubbidienti e scalcagnati, a generazioni cresciute solo con troppi soldi in tasca e sempre meno sogni nel cassetto. La storia limpida del prof Giovanni Luongo è una storia d’altri tempi, di un mondo che non c’è più, un mondo scomparso con lui un giorno di diciassette anni fa.